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1700 anni

1700 anni! Giacomo mi guarda con un sorriso enigmatico e compiaciuto della sorpresa che mi suscita questa notizia.  Sa di avere acceso un interuttore nella mia testa, e che la mia curiosità certamente mi spingerà a dire: “Partiamo”.

Di nuovo sulla strada; appena possibile chiudere la porta di casa partendo solo con uno zaino mezzo vuoto, scarpe rodate da chilometri di strada fatta, e tanta tantissima voglia di conoscere, di imparare, di conoscere viaggiatori solo per un istante, di scoprire e andare all’avventura cercando ciò che di misterioso rimane ancora in questo mondo sempre più omologato, con sempre meno diversità.

Nei giorni di vacanza di Duanwu Jie (Duanwu_Festival) lasciamo la vecchia stazione dei treni di Beijing verso sera, 15 ore di treno per arrivare ad Hangzhou nella provincia del Zhejiang (??), da là prenderemo una corriera e con altre 3 ore arriveremo ai monti Tiantai (???).  Immersi nei boschi, a un migliaio di metri d’altitudine, giacciono dal VI secolo alcuni monasteri buddisti e taoisti. E’ il luogo di nascita della setta buddista di Tiantai (la Terrazza, o Piattaforma, del Cielo, o Celeste...scegliete voi...) profondamente influenzata dal taoismo. E’ in questi luoghi che il buddismo indiano sarà fortemente rielaborato e “esportato” in Giappone e in Corea (per la diffusione del buddismo in Cina: History_of_Buddhism_in_China).

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Nascosti da centinaia e centinaia di anni, antichi rotoli di sutra buddisti su foglie di palma trattata con sostanze naturali provenienti dall’India (dove ancora oggi vengono scritti impressi a fuoco, per un esempio vedi lo splendido documentario della BBC di Michael Wood (The_Story_of_India) vecchi di 1700 anni,  sono custoditi gelosamente dai monaci che ne fecero traduzioni in cinese e tibetano. Sembra che per sbaglio un novizio ignaro, che doveva fare pulizie in vecchie stanze piene di vecchi oggetti, anni fa abbia cominciato ad accatastare questi sutra per buttarli via, e che solo l’intervento di un vecchio monaco abbia evitato la perdita di questi preziosi testi.

Dentro la corriera i dvd di karaoke e video musicali in stile anni ’80, con ballerine in scaldamuscolo e body flash-colorati, e l’aria condizionata, come al solito in estate in tutti i luoghi chiusi in Cina al massimo a 19 gradi, contrastano con l’umidità e il caldo, il grigio del cielo pieno di pioggia e la campagna che scorre dai finestrini del veicolo.

Arrivati alla cittadina di Tiantai non perdiamo tempo e alla stazione delle corriere trattiamo il prezzo con un Sanlun Che (??? come si chiamano i tricicli in Cina) a motore,  e ci facciamo portare subito al Guoqing Si (Guoqing_Temple) il più interessante e importante dei templi. Durante tutto il viaggio non abbiamo trovato nessun turista e solo qui alcuni cinesi stanno visitando il tempio, mentre studenti d’arte sono sparsi fuori e dentro il tempio disegnando chi il tutto, chi i particolari. Il tempio è semplicemente meraviglioso! Cominciamo a gironzolare, cerchiamo gli “uffici” del tempio e li troviamo. 3 monaci stanno scrivendo massime buddiste su tavole di legno, alzano la testa e ci sorridono salutandoci. Entriamo e dopo esserci presentati chiediamo dei rotoli: Esistono realmente? Dove sono? Si possono vedere?

I monaci non si sbottonano, sempre sorridendo ci dicono che esistono ma che non si possono vedere, e che solo pochi monaci anziani sanno dove sono. Uhmm? Che sia una di quelle idee per richiamare fedeli generosi? Nonostante siano persone religiose...sentiamo che ci possiamo fidare, salutiamo e continuiamo a girare tra le stanze del tempio. Un odore inconfondile, quello di Yuanbaicai il cavolo rotondo cinese, ci spinge ad entrare nelle cucine e siamo i benvenuti: chiacchieriamo con i monaci in servizio e con i fedeli che prestano volontariamente aiuto per preparare i pasti, rigorosamente vegetariani (il budda comunque era carnivoro). Anche questi ambienti sono immutati da secoli, probabilmente anche il menù, e il modo è lo stesso da sempre: enormi pentole ribollono su supporti di mattoni attaccati a muri nel retro dei quali ci sono i buchi per alimentare il fuoco con legna e carbone.

Continuiamo a girare salendo scale, entrando in padiglioni e stanze, riposandoci a volte sotto gazebo dai legni colorati, nei boschi delle colline alle spalle del tempio.  In alcune stanze è stato ricavato un piccolo museo guardato a vista da un vecchio monaco e un novizio; improvvisamente, nel fondo di una teca un frammento, una pagina dei sutra che stiamo cercando!

Lo fotografiamo, c’è la voglia intensa di sapere leggere il sanscrito, questi strani segni marcati a fuoco, decorazioni della cultura umana. Esistono da 1700 anni, sono per me, il segno di una fiducia che, forse, si può ancora riporre nel genere umano, nella sua voglia di dire al vuoto: “Esisto, esisterò fino alla fine della Storia umana...fino alla fine del Mondo?”.

Rimaniamo nel tempio un paio d’ore  e quando usciamo siamo un poco tristi, non vorremo lasciare questa atmosfera, questi monaci. Solo fermandoci un’ora sotto l’antica pagoda di mattoni, in mezzo ai boschi, compensiamo la nostalgia di un posto visto per la prima volta.

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Torniamo a piedi lungo la strada e ci infiliamo  nelle risaie vicine alla periferia della cittadina. Bufali e una mucca arano i terrapieni. Altoparlanti da una terrazza vicina diffondono musica tradizionale e pop, intervallata da annunci di notizie locali e nazionali (Dai tamburi e cimbali, flauti e corde, un sempiterno ritmo che accompagna il lavoro nei campi dalla nascita dell’Agricoltura? O un più probabile lascito della rivoluzione culturale?). Un vecchio, con alcune capre sulle ghiaie di un ruscello, ci sorride sorpreso, anche lui è qui da sempre, noi invece siamo in cammino. Il primo hotel del paese non ci prende, troppe seccature avere degli stranieri in camera, devi registrarli per forza e sei quindi costretto a pagare le tasse su quel soggiorno. Il secondo non ci fa problemi: 100 yuan per una stanza decente con bagno. La sera le strade si riempiono di contadini che passeggiano in famiglia, giovani in moto elettrica fanno il solito circuito delle strade del centro piene di luci; c’è anche un ristorante caffè occidentale per i ricchi del paese e una scuola di yoga!

La mattina noleggiamo un taxi e ci facciamo portare al Gaoming Si, il monastero buddista in cima alle montagne. E’ in ristrutturazione e ci sono solo una decina di fedeli. E’ qui che originalmente venivano custoditi i rotoli, e la struttura in stile tradizionale che gli operai stanno costruendo, assomiglia ad una torre-fortezza; una volta ultimata sarà qui che forse verranno esposti questi sutra? Parliamo con le donne che aiutano i monaci, e entriamo nei loro alloggi, dove stanno seccando sui tetti, delle erbe raccolte nei boschi: servono per il raffreddore e per la febbre. Le pareti divisorie sono fatte di assi di legno e in ogni cameretta dormono 2 monaci: abiti appesi ad asciugare, 2 piccole scrivanie, un computer.  Ad un piccolo tempio taoista in cima ad un altro monte, abbiamo la sorpresa dei fedeli: sono molto giovani e la maggior parte sono donne...il fascino dei capelloni taoisti vestiti di nero deve essere intenso, specialmente se praticano il Wushu la mattina presto e smanettano il pomeriggio con il computer, come stanno facendo divertendosi negli uffici del tempio.  Infine entriamo nel Parco naturale dei monti Tiantai, altri monasteri e boschi fitti, e una struttura militare piena di antenne a cui ci viene naturalmente negato l’accesso. Sulla strada di ritorno ci fermiamo a mangiare dai contadini che subito spostano un pannello di compensato da un muro: dentro il buco ci sono alcuni sacchi contenti bei serpentoni grassocci, sguscianti e sibilanti. Rifiutiamo, anche se la voglia ci viene, e ci limitiamo a verdure selvatiche, melanzane viola intenso sottili e lunghe, uova e pollo ruspante, che ormai sazi, condividiamo con due cani dalle costole ben in evidenza. Beviamo tè della zona, piena di piccoli appezzamenti coltivati con questo arbusto tra le poche piante che le capre non mangiano, a causa del suo sapore che a noi uomini piace tanto...ma si sa, sono capre.

Presi gli zaini si va alla stazione delle corriere, torniamo verso Hangzhou (Hangzhou, “Non c'è al mondo città uguale, che vi offra tali delizie così che uno si crede in paradiso” Marco Polo.); vi passeremo una notte prima di tornare a Beijing. Arrivati in città dormiamo all’hotel del campus universitario, dove Giacomo ha studiato anni fa. E’ curioso di vedere se uno dei suoi primi maestri cinesi di Wushu si allena ancora al solito posto. Prima di andare a dormire passeggiamo lungo il Lago Occidentale, fermandoci ad ascoltare gli anziani, le persone che suonano strumenti tradizionali e cantano l’Opera cinese, o che ballano mazurche e a volte aerobica a ritmi di tecno. La gioia è tanta quando, la mattina dopo di buon ora, vedo questo vecchietto magro e un poco ricurvo di 92 anni. Ex professore di ingegneria elettronica, nonostante si limiti ad un passetto invece che saltare in alcune parti delle figure che si ricorda ancora a memoria, è sempre un guerriero, che ride di gusto e abbraccia con affetto Giacomo; sono commossi, e lo siamo anche noi, io e le sue anziane allieve che lo circondano. Quando si lasciano si ripromettono di vedersi ed allenarsi insieme in autunno...Siamo a sud, l’umidità ti si attacca e non ti lascia se non per scrosciare dal cielo. Tutto il pomeriggio lo passiamo sotto una tettoia vicino a campi di tè e case di campagna, la pioggia rumoreggia e noi sorseggiamo litri e litri di Longjing cha (Longjing_tea) tra risucchi e chiacchiere con la padrona del posto. Ormai è ora di tornare e prendiamo il treno di mezzanotte, l’ultimo utile per Pechino. L’ultima sorpresa ci attende nello scompartimento dei nostri letti: 2 curiose signore di Chengde (Località_montana_di_Chengde) iniziano a chiederci di tutto e cercano di convincerci a comprare pillole di polvere di pino.

Ci raccontano che alla fine degli anni ’70 alcuni scienziati tdeschi scoprirono una sostanza nei pini che combatte efficacemente l’invecchiamento dell’organismo, le industrie farmaceutiche per cui lavoravano si rifiutarono di proseguire le ricerche ma la notizia era già stata diffusa e i cinesi la presero sul serio. Stanno andando a Beijing per incontrare delle compagnie interessate a commercializzare questo farmaco all’estero, non solo negli Stati Uniti come succede già da anni. Se, come dice la più anziana delle due, ha 70 anni e prende queste pillole da 20 potrebbe essere vero, ne dimostra 20 di meno (ma con i cinesi stabilire l’età è sempre difficile), e non la smette mai di parlare!

In ogni caso l’incontro con “la setta delle mangiatrici di polvere di pino” ci ricarica di energia, potrebbe essere un’altra occasione di viaggio, di avventura, di curiosa ricerca di ciò che nel mondo rimane ancora di bizzarro e misterioso.

 

“Questo mondo è coperto di tenebre, pochi vi possono veder chiaro: raro è chi si alza in volo verso il cielo come uccello sfuggito alla rete”

Loka-Vagga (Il Mondo)  Siddhartha Gautama, il Budda.

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